Foto Anna Deodato - pedagogista
6 Gennaio 2021

Relazione abusante

quali dinamiche la caratterizzano e come mai la vittima fa così fatica a raccontare
di Anna Deodato
pedagogista, membro del Consiglio di Presidenza del Servizio Nazionale Tutela Minori

L’abuso di potere, di coscienza e sessuale è una tragica rottura di una relazione di fiducia tessuta progressivamente nel tempo. L’abuso accade all’interno di una relazione nella quale viene agita una dinamica di potere, di supremazia, di dominio e di manipolazione verso una o più persone che sono in una situazione di vulnerabilità esistenziale e di dipendenza: per età, per circostanze di vita, per bisogni affettivi personali, per abusi già subiti precedentemente che non hanno potuto rielaborare. Pensiamo ai minori che si affidano ad un adulto che ai loro occhi è significativo per legame familiare e\o per ruolo nella loro crescita: genitori, parenti più o meno prossimi, catechisti, allenatori ecc. Pensiamo anche ad adulti che si possono trovare in situazione di vulnerabilità personale per motivi di fragilità strutturali (forme diverse di fragilità fisica e\o psicologica) o anche per gravi situazioni temporanee (lutti, malattia, perdita del lavoro, abbandoni del coniuge, violenze domestiche).

Per descrivere la relazione abusante ci si riferisce alla tattica del grooming: una vera e propria tattica di adescamento del più forte verso il più debole. Colui che abusa sceglie la vittima e si mette prima in sicurezza attraverso un sistematico gioco di potere nel quale la manipolazione emotiva e affettiva, il controllo sulla vita della vittima, la strutturazione progressiva di un legame di assoluta dipendenza e sottomissione, hanno un ruolo centrale.

L’abuso sessuale è spesso l’ultimo atto di questo ‘sistema abusante’ all’interno del quale la vittima è progressivamente attirata e sedotta mentre l’abusatore si conquista un posto di privilegio tra le sue relazioni più strette: famiglia allargata, amici, colleghi, conoscenti.

Dentro la dinamica dell’abuso…La tela del ragno, manipolare per imprigionare

La manipolazione si manifesta in più modi: diverse forme di privilegio messe in atto – regali, promesse di aiuto, attenzioni e risposta a bisogni più o meno veritieri  – “solo io capisco e so ciò di cui hai bisogno”-, l’atteggiamento vittimistico dell’abusatore – “se mi lasci cosa ne sarà di me?, “io ho bisogno della tua presenza altrimenti non vivo“ -, la richiesta dell’assoluto silenzio circa ciò che accade tra loro – “questo è il nostro segreto, io conosco il tuo bene, non dirlo a nessun altro perché non possono capire” – . Questo meccanismo abusante ha come conseguenza una forma di confusione e annebbiamento della percezione di ciò che sta veramente accadendo nelle persone che fanno parte dell’ambiente  più o meno vicino alla vittima: spesso nessuno riesce ad avere una percezione obiettiva e realistica di ciò che accade. A questo dato contribuisce il fatto che frequentemente chi abusa è una persona ben conosciuta, degna di stima e alle volte anche un leader carismatico.     

Il ‘sistema’ di manipolazione è come una ragnatela che imprigiona la vittima e la spinge all’isolamento: crea una barriera tra lei e il mondo esterno così che colui che abusa arrivi ad avere un posto centrale nella vita della vittima: a questo punto l’abuso di potere e di coscienza sono già in atto da tempo. Questo apparato di manipolazione, tanto subdolo quanto tragicamente efficace, spinge definitivamente la persona a fidarsi unicamente di “uno”, a cercarlo consegnarsi, a raccontarsi sempre di più, a confidare ciò che vive nel profondo e ciò che accade nella sua vita. 

Se comprendiamo bene questa dinamica si capisce perché si può dire che chi abusa sessualmente quasi sempre ha già abusato dell’intimità: il potere mangia avidamente della persona che ha davanti, usandola secondo fini che non solo non la rispettano, anzi, la umiliano e la rendono schiava.

Uscire dalla ragnatela …Come mai le vittime faticano a raccontare

Le vittime parlano più volte di confusione emotiva:

« Mi vergognavo profondamente e mi faceva tremendamente piacere allo stesso tempo. Non sapevo dare un giudizio a quello che facevamo, in fondo lui era sempre il mio padre spirituale, doveva sapere meglio di me se e cosa si poteva fare senza cadere nel peccato! Quella maledetta confusione non mi abbandonava mai!». [ L. Bove, Giulia e il Lupo, Àncora, Milano 2016, p. 34.]

Proprio questa confusione emotiva, alimentata dall’insieme dei vissuti dissociati, dalla distorsione di una relazione che si trasforma da una relazione di sicurezza e fiducia a una relazione violenta, è come una gabbia che imprigiona ogni possibilità di reazione, riflessione, azione, decisione e forza di allontanamento per sottrarsi a ciò che accade. I minori purtroppo non hanno neanche le categorie per poter comprendere ciò che subiscono e l’adulto vulnerabile risulta essere totalmente bloccato nella sua capacità di valutazione e reazione.

Non dimentichiamo che progredendo nella dinamica dell’abuso, aumentano anche le forze interne che fanno resistenza e che dicono alla persona: “Ormai è tutto inutile, non ce la fai a sottrarti”. E qualcuna purtroppo arriva anche a pensare che: “Se lo fa a me, non lo fa ad altre”. 

L’umiliazione, la vergogna, la paura, il senso di colpa, tutte emozioni potenzialmente pericolose per l’integrità della persona, bloccano ogni possibilità di sottrarsi e di raccontare ciò che sta accadendo. È importante ricordare che colui che abusa è proiettivo: la persona che è stata gravemente ferita, anche a distanza di anni quando si andranno a creare le condizioni che le permetteranno di raccontare e testimoniare ciò che ha subito, dovrà affrontare la rielaborazione di un senso di colpa radicato nel profondo della percezione che ha di se stessa che la porterà spesso a pensare che è lei che ha sbagliato o che addirittura ha voluto sbagliare avendo fatto qualcosa di male, essendoselo meritato per la fiducia che cercava. Uscire da un trauma come quello dell’abuso è un processo molto lento, doloroso e complesso: il senso di colpa associato alla vergogna che rimane inscritta nel vissuto della persona ferita – vergogna per il suo corpo che è stato usato e vergogna per ogni suo bisogno emotivo e affettivo che vivrà nel corso della sua esistenza – richiederanno molto tempo per poter essere rielaborate e sostenere le persone ferite nella ripartenza della vita con libertà, stabilità, progettualità.