“Nuvole di fango” è un’espressione comune per indicare la tinca, un pesce molto grande simile alla carpa. Il pesce in questione è uno dei protagonisti di questo romanzo schietto e gentile al contempo, scritto in modo magistrale e tagliato con l’accetta nelle espressioni. Un romanzo diretto e delicato, ma che arriva dritto al punto con uno stile senza fronzoli, e molto coinvolgente. Il vero protagonista del romanzo è Jonathan, un trentenne appena uscito di prigione dopo un’accusa di violenza su minore poi caduta in appello. Seguiamo con lui il ritorno alla parvenza di normalità dopo la vita in carcere che riaffiora ogni tanto nei suoi ricordi, soprattutto negli insegnamenti dello psicologo sulla gestione delle emozioni e sul comportamento al quale Jonathan si aggrappa con tutto se stesso. Il ritorno a casa del ragazzo si svolge in un contesto povero, trasandato, con una madre distante e dove l’unica gioia risiede nel pianificare le giornate e portare fuori il cane di famiglia. Vi è però l’incontro con una bambina del vicinato che sconvolgerà la routine del protagonista e che lo metterà a dura prova. La narrazione degli eventi è fluida e precisa, soprattutto senza morbosità, ma anche senza risparmiarsi nella descrizione delle pulsioni umane, anche le più inenarrabili. Complice della riuscita del romanzo è il retaggio culturale dell’autrice, una psicologa forense olandese, Inge Schilperoord, che riesce sorprendentemente e sapientemente ad entrare nei meandri dei pensieri di una persona fragile senza giudicare e costruendo un personaggio complesso e con il quale è difficile non famigliarizzare. Nonostante la descrizione dei dubbi, delle ossessioni e delle paure del protagonista per la sua condizione “deviante”, il racconto riesce a permeare di un’umanità straziante e vera tutta la storia. Il tabù alla base della vicenda è solo l’espediente per parlare di un’anima sofferente e dei drammi esistenziali di ognuno di noi.