Nel suo significato più ampio il concetto di “tutela del minore” comprende non solo la protezione del minore ma anche la promozione della sua personalità e la sua partecipazione attiva in ogni situazione in cui è coinvolto, in particolar modo nelle diverse procedure giudiziarie che lo riguardano.
Prioritaria attenzione nel contesto normativo italiano è stata posta sulla tutela del minore, vittima di abusi. Il legislatore italiano, in attuazione degli impegni internazionali ed europei assunti in tema di protezione dei minori da condotte di abuso sessuale, è intervenuto a vari intervalli di tempo, creando una serie di disposizioni a tutela dei minori vittime di violenze e abusi.
L’art. 609 decies c.p. statuisce che quando si procede per alcuni delitti commessi in danno di minorenni, il Procuratore della Repubblica ne dà notizia al Tribunale per i minorenni.
Inoltre, nei casi previsti dal primo comma, alla persona offesa minorenne, in ogni stato e grado del procedimento, è garantita l’assistenza affettiva e psicologica, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne.
Il soggetto minore d’età, quindi, viene seguito ed assistito durante tutto il corso del processo penale, come avviene nell’ambito del processo penale minorile.
Problemi particolari sorgono con riferimento all’acquisizione della testimonianza di un minore.
È noto che in base al comma 3 dell’art. 111 Cost., l’accusato ha la facoltà “di interrogare o di far interrogare” davanti al giudice “le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore”.
La norma si pone l’importante obiettivo di riequilibrare le posizioni tra accusa e difesa nella ricostruzione del fatto. Il “luogo” naturale nella struttura del processo penale nel quale tutto ciò può essere assicurato è ovviamente il dibattimento.
Ma tale legittima esigenza trova rilevanti eccezioni nel caso in cui il soggetto offeso ha subito abusi ed è minore d’età.
L’art. 392 c.p.p. stabilisce, infatti, che nei procedimenti per i delitti di abusi o violenze sessuali il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.
Quindi, nonostante l’incidente probatorio costituisca una sede assolutamente eccezionale per la formazione della prova, concessa in presenza di presupposti assai stringenti, nel caso di abusi e violenze sessuali in danno di minori questi presupposti possono non essere richiesti.
La Corte Costituzionale ha chiarito che l’art. 392, I° comma bis, c.p.p. “introduce un’eccezione alla regola dell’assunzione nel dibattimento delle prove che non abbiano oggettivo carattere di indifferibilità o di non ripetibilità” e che la stessa “appare intesa ad assicurare efficacia e genuinità della prova, quando si tratti di raccogliere testimonianze potenzialmente soggette a subire con il decorso del tempo per le particolari condizioni del minore condizionamenti che le possano rendere meno genuine e meno utili al fine degli accertamenti cui è volto il processo” (Corte Cost., ordinanza n. 583 del 2000, ordinanza n. 108 del 2003).
Secondo la prospettiva espressa nella pronuncia della Corte Costituzionale, quindi, tutelare la testimonianza del minore significa tutelare soprattutto una buona ricostruzione dei fatti. Tutela del minore, vittima di abusi, in sede processuale e tutela del diritto alla prova non sarebbero interessi confliggenti, ma funzionali e interdipendenti.
A tal proposito va ricordato che l’art. 7 della Carta di Noto riguardante le Linee Guida per l’esame del minore in caso di abuso sessuale dichiara che: “L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento”.
Ai sensi dell’art. 398 bis, c.p.p., inoltre, nel caso di indagini che riguardino reati di abusi o violenze sessuali, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minorenni, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno. Pertanto, l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, recandosi presso l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova”.
Medesimo scenario si ripete, poi, in sede dibattimentale ove, a prescindere dal titolo per il quale si procede, se deve essere esaminata una persona minorenne, il giudice può disporre che il relativo esame avvenga a porte chiuse.
Inoltre, giova ricordare che, secondo le regole ordinarie, il codice di procedura penale attribuisce al giudice il potere di porre domande soltanto dopo che le parti hanno concluso l’esame incrociato (art. 506, comma 2 c.p.p.). Successivamente alle domande poste dal giudice, le parti possono riprendere l’esame.
Tale regola non viene seguita nel caso in cui ad essere esaminato è un testimone minorenne.
In questo caso, infatti, l’art. 498, comma 4, c.p.p., prevede l’esclusione dell’esame incrociato, a protezione del minore.
L’esame viene condotto dal presidente dell’organo collegiale, al quale le parti possono chiedere di porre domande o di fare contestazioni al soggetto minorenne.
Alla luce di quanto stabilito anche dall’art. 609 decies c.p., nel condurre l’interrogatorio il presidente può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto di psicologia infantile. La ratio della disposizione è sempre quella di tutelare la personalità del minore.
La capacità dei minori di testimoniare
Infine, circa la capacità dei minori di testimoniare, i più sostengono che anche il bambino può avere, come l’adulto, un ricordo preciso, sebbene povero di particolari rispetto a quello di un adulto. L’importante è garantire un ricordo libero che eviti ogni sorta di suggestionabilità, soprattutto per particolari tipi di domande e per i modi in cui possono essere poste.
È spesso l’ambiente processuale a creare stress nel minore, turbando la disponibilità a parlare. Per questo si rende necessario creare per i minori situazioni che possano ridurre le tensioni traumatiche tipiche del processo penale.