La priorità della prevenzione primaria
La prevenzione primaria degli abusi sui minori deve rappresentare una priorità in tutti gli ambiti educativi che accolgono bambini e bambine. I bambini vittime di abuso, in particolare di abuso sessuale, quasi sempre si trovano intrappolati in una relazione con una persona maggiore per età ed esperienza, che li coinvolge in situazioni per i quali la vittima non è in grado di fornire consenso informato, di prevederne le conseguenze e di gestire nel breve, medio e/o lungo termine l’impatto emotivo che ciò che accade può avere su di lui/lei. A fronte di una incrementata e aumentata capacità di presa in carico del minore vittima di abuso, risultano invece scarse le proposte di prevenzione primaria, rivolte all’intera popolazione dei minori non vittima, affinchè sappia riconoscere una situazione di rischio e di potenziale vittimizzazione e sia in grado di mettere in atto la strategia meglio conosciuta come “Grido no, scappo via e corro a dirlo a qualcuno”.
Per questo, nei molti anni di lavoro di ricerca e intervento che ho dedicato a questo tema, ho sviluppato dei curricola educativi rivolti ai bambini della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado (Un bambino è come un re, Le parole non dette, Il segreto di Fata Lina) e ho reso la prevenzione primaria dell’abuso sessuale una delle aree per le quali risulta disponibile un approccio educativo manualizzato, affrontato con laboratori psicopedagogici basati sui principi dell’educazione emotiva e affettiva in età evolutiva. Tale intervento preventivo può essere promosso e attuato in qualsiasi contesto educativo in cui i bambini vengono accolti, in primis scuola, oratori, associazione sportiva. I bambini vittime di abuso sessuale quasi mai hanno ricevuto informazioni preventive dagli adulti di riferimento.
Un problema di “parole non dette”
L’abuso sessuale all’infanzia, purtroppo, continua a rimanere un problema di “parole non dette”. Gli adulti hanno paura ad affrontarlo perché ne sono spaventati, perché non conoscono gli approcci preventivi e perché temono che parlarne con i bambini induca ansie che poi gli stessi bambini non sono in grado di gestire. Invece, parlare con i bambini e fornire loro le competenze educative e preventive necessarie è il miglior approccio per ridurne il rischio di vittimizzazione. Nessun bambino può imparare la prevenzione degli incidenti stradali se nessuno gli insegna l’utilità e la finalità del semaforo rosso. Allo stesso modo, nessun bambino potrà mai difendersi da un abuso sessuale se di fronte ad una persona più grande ed esperta di lui/lei che lo coinvolge in una situazione connotata sessualmente in cui prova disagio, disorientamento o paura non viene educato e formato a dire no, allontanarsi e chiedere aiuto ad un adulto di riferimento, parlando di ciò che gli è successo. Le vittime di abuso sessuale non parlano quasi mai di ciò che capita loro e non chiedono aiuto perché vivono con vergogna la loro storia di vittimizzazione, sentendosene spesso colpevoli e responsabili in prima persona. Cambiare questo vissuto dei bambini e diventare adulti capaci di affrontare questo tema con loro, fornendo competenze preventive, educandoli alla resilienza e alla denuncia di ciò che possono vivere sulla loro pelle, rappresenta una priorità educativa. Oggi più che mai, considerato che l’ambito di vittimizzazione dei minori si è ampliato oltremodo, estendendosi dal contesto reale a quello virtuale. La prevenzione è sempre la migliore risposta. Evita inutili sofferenze e permette ai bambini di acquisire competenze protettive. Però spetta agli adulti pensarla, progettarla, realizzarla e metterla a disposizione di chi cresce.