mano grande e mano piccola
2 Aprile 2021

Educare l’affettività e la sessualità di chi è vittima di abusi

Quali attenzioni da parte degli adulti di riferimento
Luisa Roncari
Psicologa Psicoterapeuta, Coordinatrice didattica del Master “Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare: aspetti clinici, sociali e giuridici”

I bambini hanno bisogno di appartenere a qualcuno, di creare legami profondi tali da costituire una “base sicura” (Bowlby) per affrontare la crescita e “l’avventura amorosa” (Greenacre) con il mondo.

I bambini che hanno subito ferite emotive e fisiche profonde, le cosiddette Esperienze Sfavorevoli Infantili (Felitti), talvolta inferte proprio dalle persone che avrebbero dovuto prendersi cura di loro, inevitabilmente tendono a percepire il mondo come ostile, gli altri come indecifrabili e se stessi come non degni d’amore.

Tali esperienze negative possono essere molto diverse tra loro: forme di abuso subite dal bambino in forma diretta, tanto gravi da minare il suo sviluppo e la sua crescita (deprivazione precoce, abuso sessuale, maltrattamento fisico e psicologico, trascuratezza, abbandono, istituzionalizzazione…) o condizioni subite in forma indiretta, in un ambito familiare di provenienza insicuro e inadeguato (da parte dei genitori alcolismo/tossicodipendenza, malattie psichiatriche, violenza intrafamiliare, devianza, disagi economici o sociali, gravi malattie organiche…).

Le figure adulte di riferimento che incontrano questi bambini feriti e che sono chiamati a svolgere verso di loro un ruolo riparativo – sia esso di tipo genitoriale o educativo – devono articolare la relazione con particolari attenzioni:

  • innanzitutto contribuire in modo diretto o indiretto a “mettere in sicurezza” il bambino attraverso gli appropriati strumenti sociali, sanitari e legali;
  • offrire al soggetto in crescita esperienze di attaccamento positive, fondate sul rispetto dell’alterità, della dignità e della corporeità; è importante “chiedere il permesso” per avvicinarsi, rispettando i tempi e la gradualità di cui l’altro avrà bisogno per fidarsi, accettando di essere – per un certo tempo – messi alla prova, provocati, rifiutati;
  • garantire una presenza stabile, schietta, paziente, capace di accogliere il dolore dell’altro senza esserne contagiati, sopraffatti o spaventati;
  • riuscire a mettersi in una posizione di contenimento non collusivo della rabbia e degli agiti che spesso i bambini che hanno vissuto esperienze sfavorevoli infantili mettono in atto;
  • nel tempo, con gradualità, aiutare i bambini costruire un narrazione coerente e realistica della propria esperienza di vita, in cui gli aspetti negativi e le esperienze traumatiche – una volta lontane nel tempo o nello spazio – possano essere riconosciute e narrate all’interno di una relazione sicura, in grado di contribuire alla costruzione di significati nuovi rispetto all’immagine di sé, dell’altro e del mondo.